Nel saggio sull’efficacia simbolica, l’antropologo Lévi-Strauss scrive: ” Lo sciamano fornisce all’ammalata un linguaggio nel quale possono esprimersi immediatamente certi stati non formulati, e altrimenti non formulabili. […] La relazione tra microbo e malattia è esterna alla mentalità del paziente, è una relazione di causa ed effetto; mentre la relazione tra mostro e malattia è interna a quella stessa mentalità, ne sia essa consapevole o meno. E’ una relazione tra simbolo e cosa simbolizzata … tra significante e significato”.
Il paradigma attuale della medicina spesso dimentica che oltre all’efficacia clinica della individuazione della diagnosi e delle terapie, c’è un’efficacia simbolica, cioè la capacità della persona di esprimere e rendere visibile a se stessi e agli altri ciò che è invisibile anche ai più sofisticati strumenti diagnostici: il vissuto soggettivo e non replicabile del dolore e della malattia. Spesso questo vissuto non trova la possibilità di espressione nel lessico ordinario ed è a priori escluso dal lessico generalizzante e universale delle categorie mediche.
Per l’antropologo Carlo Severi, l’efficacia simbolica del rituale sciamanico consiste nella capacità di creare un campo proiettivo condiviso che consente la creazione di un’”illusione percettiva guidata“, che fa emergere ciò che non riuscirebbe ad essere formulato in altro modo e a questo parzialmente si può attribuire la capacità terapeutica del rito.
Nella contemporaneità, i linguaggi metaforici ed artistici possono diventare risorse importanti per elaborare e condividere stati di malattia altrimenti non dicibili. In questo processo, le nuove tecnologie possono rappresentare uno strumento chiave per rilanciare il valore dell’efficacia simbolica.
Le potenzialità delle digital health humanities emergono con grande evidenza nel bellissimo progetto PortrAIts dell’AISM-Associazione Sclerosi Multipla. AISM ha utilizzato una AI generativa per tradurre in immagini il racconto spesso metaforico dei sintomi invisibili della SM.
“Il braccio come un pezzo di ghiaccio. La lingua intrecciata. La testa in fiamme. Le gambe pesanti come macigni. La stanchezza che ti costringe a stare a letto. La vista appannata. Aghi che pungono dalla vita in giù. Spasmi in tutto il corpo. Un bruciore che parte dal piede e sale su. La memoria che a volte svanisce, facendo sentire la persona come un albero alla mercé del vento”.
L’AI ha generato ritratti che possono essere considerati “illusioni percettive guidate”. La forza della metafora arriva allo spettatore in tutta la sua potenza semantica, perdendo qualsiasi legame con il “come se” a cui chi è estraneo al sintomo tende a ridurla. Le braccia sono di ghiaccio, gli aghi infilzano il corpo, le gambe bruciano, e così via.
Oltre che sul sito dedicato, la mostra è visibile fino al 6 giugno a Roma, in piazza San Silvestro e a Milano, in via Dante.
Non si tratta però solo di una esperienza artistica, ma di una proposta epistemologica. Rendere visibile l’invisibile del vissuto soggettivo della malattia, può avere un impatto dirompente sulle modalità di conoscenza della malattia, sulla formulazione della diagnosi e del suo impatto sulla qualità di vita della persona. PortrAits pone una sfida importante al riduzionismo dello sguardo e della postura esclusivamente clinici e offre alle persone con sclerosi multipla la possibilità di valorizzare le proprie risorse espressive, grazie all’intreccio di tecnologie e immaginazione artistica.