Comunicare la salute: l’importanza del social fact checking

Spesso nel discorso istituzionale e mediatico è ricorrente l’opposizione tra informazione scientifica veicolata dalle riviste di settore e dai media e le informazioni che circolano nel web, considerate poco attendibili.
Se ne è discusso a Milano nel corso di un dibattito interessante tra esperti e giornalisti, organizzato da Merck Serono: “Biotecnologie ed Innovazione in Medicina sul Web 2.0. Fonti di informazione, fruitori, linguaggi”.
Leonardo Vingiani, Direttore di Assobiotec evoca l’importanza di contrastare gli stereotipi che affliggono la rappresentazione sociale degli OGM, così come dei vaccini e delle biotecnologie in generale. Vingiani ricorda la tendenza alla chiusura in laboratorio dei ricercatori e l’importanza, al contrario, di una grande esposizione e visibilità su tutti i tipi di media. Per questo Assobiotec ha deciso di essere attiva nei social network “con l’obiettivo di rafforzare il dialogo e comunicare con un pubblico sempre più vasto”.
Federico Capeci, autore del libro “#Generazione 2.0” ha mostrato l’impatto dei cambiamenti con i dati di una ricerca da cui emerge che il  “93% degli utenti web ha cercato informazioni online su farmaci e malattie, rivolgendosi al web prima (44%) o dopo (40%) la visita dal medico, o durante il periodo di terapia (30%) e il 74% dei medici lo ritiene uno strumento necessario per la propria professione e per un ripensamento della tradizionale relazione con il paziente”.
Per Fabrizio Ferragni, Vice Direttore Rai Tg1, “la scelta digitale è stata una rivoluzione copernicana nell’organizzazione del lavoro che è servita a togliere incrostazioni di decine di anni”.
Agostino Carloni di Farmindustria ha raccontato iniziative importanti come “Geni a bordo: la scienza viaggia in Camper”: “un format di divulgazione innovativo che si avvierà in ottobre in 15 scuole superiori italiane e prevede educazione, didattica e approfondimenti scientifici in modo interattivo e cross-mediale”. Carloni ha però anche stimolato la riflessione sul linguaggio riportando un’esperienza personale: il dialogo con il figlio adolescente è migliorato molto da quando Carloni ha cominciato ad usare WhatsApp e le sue regole narrative implicite. Ad un giovane risulta più facile ascoltare la voce del padre se è mediata da WhatsApp.

Dal dibattito è emerso in modo chiaro che non è sufficiente che nel web, nei siti medici, su wikipedia ci sia l’informazione corretta, bisogna facilitarne l’accesso, bisogna che abbia il linguaggio di ciò che il cittadino e il paziente possono “ascoltare”. Troppo spesso si tende a usare il fact checking come modalità di validazione delle informazioni, ma nei discorsi sulla salute è sempre più importante il social fact checking, cioè l’ascolto di quei fatti che sono ritenuti socialmente veri, perché creano empatia e identificazione. Non sono il frutto di disinformazione, ma la risposta a bisogni, esigenze, ambivalenze, paure.
Le condivisioni nei social network offrono una prima misura del social fact checking delle informazioni. Come mai, a parità di fonte e di patologia un articolo ottiene migliaia di condivisioni e un altro solo poche decine?
Con il Center for Digital Health Humanities ho creato un Osservatorio Sclerosi Multipla che monitora da maggio 2014  l’andamento delle citazioni online e delle condivisioni nei social network degli articoli sulla sclerosi multipla. Una prima analisi ci consente di formulare alcune ipotesi sui nodi narrativi e simbolici che fondano il social fact checking.

INFOGRAFICA

Tra le fonti più visibili, al primo posto per condivisioni (18mila) appare un articolo sulle prospettive aperte dalla ricerca. Oltre ovviamente al diverso potenziale di influenza associato alla visibilità, emerge l’importanza del linguaggio e delle metafore nella comunicazione della malattia e della cura. L’articolo affronta temi scientifici attraverso una metafora che avvicina e coinvolge come “l’interruttore”. La metafora è sbagliata? Crea illusioni? Alimenta aspettative infondate? Secondo Carloni le 18mila condivisioni sono un problema e non un successo. Al di là dell’esempio specifico, non si può più continuare a pensare solo attraverso il binomio informazione-disinformazione: i linguaggi, le metafore, i canali sono fattori fondamentali per il successo della comunicazione con i pazienti.
Le conversazioni dei pazienti online stanno stimolato un confronto interessante anche tra i medici più attenti alla medicina narrativa. Alcune metafore della patologia sono più efficaci di altre nello stimolare nel paziente collaborazione e aderenza alla terapia. Anche per le news, diventa sempre più importante coniugare la correttezza dell’informazione con metafore in grado di creare interesse e coinvolgimento.

2) Sempre tra le fonti più visibili, il secondo articolo con più condivisioni nei social network si riferisce alla produzione di marijuana a scopi terapeutici. Qui il nodo simbolico è più articolato. Per secoli, la cannabis è stata usata a scopo di cura e, in generale, nel farmaco la valenza ricreativa e terapeutica si rafforzavano reciprocamente. Nel XIX e XX secolo la costruzione “punitiva” del farmaco (che deve curare e non creare piacere) e la demonizzazione della cannabis come segno di devianza sociale e dipendenza, dissociano i due aspetti. Attraverso la riconversione a “farmaco”, la produzione di Stato agisce come fattore di rilegittimazione della marijuana, anche implicitamente per la sua valenza di piacere. La forza del dispositivo è confermata dal numero elevato di condivisioni della notizia sulla marijuana anche su fonti poco visibili, in questo caso rafforzata dall’immagine e dal titolo più esplicito.

3) Interessante il quadrante delle fonti molto visibili ma con un numero di condivisioni molto basso. Fra tutte, emerge la news relativa al progetto Oceans of hope.
Il viaggio in barca come simbolo di riscatto e di vittoria sulla malattia non sembra funzionare:

a) chi è malato non si identifica. E’ sufficiente leggere le storie condivise nei forum per capire che chi soffre di sclerosi multipla aspira a una vita normale, non ad opere straordinarie. Vuole potersi mettere un tacco alto, non circumnavigare il globo. Pur se vera, l’esperienza suona falsa e lontana rispetto al vissuto prevalente del malato

b) chi non è malato, non ama associare la libertà, il mare, la vita all’aggressione di una malattia e non si sente incentivato a condividere la campagna.

Il web non è un’interferenza rispetto al processo di informazione. Ci offre un barometro unico e prezioso per cogliere ed usare non i  fatti ma i fatti sociali, cioè le informazioni e le modalità narrative in grado di superare le barriere all’ascolto dei destinatari e suscitare identificazione e riconoscimento.