E’ un’esperienza rara quella di digitare qualcosa su google e ottenere solo 2 pagine di risultati. La piacevole sensazione di trovarsi in un territorio quasi del tutto inesplorato ce la regala la stringa di ricerca “co-produzione della salute” . Se poi digitiamo “medicina narrativa e co-produzione della salute” non otteniamo nessun risultato (fino forse alla pubblicazione di questo post). La commistione del lessico economico, manageriale e social web della co-produzione con i linguaggi della salute è ancora molto rara.
L’interesse dell’accostamento di co-produzione e salute è dimostrato in modo efficace dal convegno La co-produzione della salute, organizzato lo scorso 23 giugno da Denita Cepiku, del Dipartimento Impresa, Governo e Filosofia, della Facoltà di Economia di Tor Vergata. Alcuni aspetti interessanti emersi nel confronto tra i relatori:
1) la scarsa implementazione di formule di co-produzione nell’area della salute non sembra dipendere da ostacoli economici ma culturali. L’applicazione ad ampio spettro del paradigma potrebbe portare a efficienze e risparmi, come dimostrano molti esempi territoriali di “medicina di iniziativa“.
2) Denita Cepiku ha presentato un’indagine sui pazienti innovatori in Italia, “Visualizing User Innovation in Health Care”. I dati sono incoraggianti. Il 53% dei pazienti intervistati ritiene di aver sviluppato un’innovazione, soprattutto per se stessi, nel primo anno di malattia, utile anche per altri, oltre i 5 anni;
3) 2 grandi assenti nel discorso: la digital health e la medicina narrativa.
Nessuno dei relatori ha introdotto la portata e l’importanza della digital health per l’affermazione di processi di co-produzione della salute. Basti pensare alle possibilità di cooperazione medico-paziente su sintomi e terapie attraverso gli strumenti digitali e la mobile health oppure al ruolo delle comunità online di pazienti.
Nessuno dei relatori ha fatto riferimento alla Consensus Conference sulla medicina narrativa dell’Istituto Superiore di Sanità. Ricordiamo che nelle linee guida il fine della medicina narrativa è descritto come “la co-costruzione di un percorso di cura personalizzato e condiviso (storia di cura)”, co-costruzione e non co-produzione. In questo scarto linguistico sta tutta la distanza tra i due mondi. Per affermarsi in modo innnovativo la medicina narrativa deve pensarsi sono solo filosoficamente come co-costruzione ma anche managerialmente come co-produzione. Nello stesso tempo, nessuna co-produzione è pensabile senza l’integrazione della storia del paziente. Spesso l’innovazione nasce proprio da questi corto-circuiti disciplinari e semantici. Guardare alla medicina narrativa come ad un processo di co-produzione può servire a inserirla nella pratica medica e ospedaliera. Può servire a mostrarne l’importanza, non solo per il miglioramento dell’efficacia e dell’aderenza terapeutiche, ma anche per una sanità più utile e meno costosa.