Il 15 e il 16 maggio si è svolto a Milano il 1° Italian Digital Health Summit, organizzato da AboutPharma. Tra relatori e partecipanti erano presenti tutti gli attori della salute in Italia: istituzioni, società scientifiche, associazioni di categoria, associazioni di pazienti, aziende farmaceutiche, agenzie di marketing e comunicazione, giornalisti, rappresentanti di grandi comunità online.
Gli storify del live twitting di Eugenio Santoro dell’Istituto Mario Negri e di Domenico Mancini di AboutPharma consentono di percorrere rapidamente temi, progetti e punti di vista.
A differenza del trionfalismo degli innovatori delle social media week, il summit ha fatto emergere toni e argomentazioni di chi non ha orientamenti chiari, di chi non sa come risolvere esigenze contrapposte, che hanno un impatto sulle aspettative di salute e di vita delle persone. Il 1° Italian Digital Health Summit è stato un’elaborazione collettiva problematica ma appassionata di un passaggio. La presa d’atto che modelli, pratiche, orizzonti, conoscenze nell’area medica e della salute devono essere completamente ripensati.
Anche se non è mai stato esplicitato, il confronto si è aggregato intorno al problema dei linguaggi della salute e all’opposizione tra il linguaggio dell’informazione e il linguaggio della narrazione, che riecheggia il dibattito tra evidence based medicine e narrative based medicine.
L’affermarsi del digitale ha generato un cambiamento fondamentale: la narrative based medicine non è più la scelta distintiva e più o meno condivisa di gruppi di medici e riceratori. E’ la scelta del paziente, che si autocolloca al centro, con la voglia di raccontare e condividere con altri pazienti la storia della malattia e della cura. Durante il summit abbiamo assistito a due schieramenti, più spontanei che organizzati.
Da un lato le istituzioni e le società scientifiche collocate più sul versante dell’informazione, dall’altro (anche se non necessariamente alleate) associazioni dei pazienti, aziende farmaceutiche e agenzie di comunicazione, più orientate verso la narrazione.
Questo language divide non aiuta molto. Nell’area della salute, più che in qualsiasi altro ambito, la correttezza e la trasparenza delle informazioni sono fondamentali ma, come ha sintetizzato Eugenio Santoro in un tweet durante l’evento ”informazione non è comunicazione. Che prevede ascolto, coinvolgimento, confronto con l’iterlocutore”.
Non è sufficiente che nel web, nei siti medici, ci sia l’informazione corretta, bisogna facilitarne l’accesso, bisogna che abbia il linguaggio di ciò che il cittadino e il paziente possono “ascoltare”. Esiste il fact checking, ma nei discorsi sulla salute è sempre più importante il social fact checking, cioè l’ascolto di quei fatti che sono ritenuti socialmente veri, perché creano empatia e identificazione. Non sono il frutto di disinformazione, ma la risposta a bisogni, esigenze, ambivalenze, paure.
Nell’introduzione agli atti di un congresso di semiotica di qualche anno fa, il semiotico Gianfranco Marrone commenta un quadro del XVIII sec. che sintetizza bene l’opposizione informazione-narrazione:
“Appare evidente come i due soggetti che incorniciano il corpo malato – l’uomo di chiesa alla sua destra, quello di scienza alla sinistra – agiscano in modo diametralmente opposto. Il primo si protende sino a toccare, instaurando un rapporto diretto che mescola con sapienza e pazienza i fluidi dei due corpi: saliva, sangue, pus, umori vari. Attiva così un processo continuo, iterativo, di espulsione e di inserimento, un portar fuori e un porre dentro…. A sapienza e pazienza del monaco s’oppongono scienza e coscienza del medico. Per quest’ultimo, il corpo malato non ha un interno e un esterno, ma è un meccanismo complesso che ha perduto la sua funzionalità, e che va pertanto riparato, riportato alla totale efficienza”.
Con il digitale, il paziente ha ibridato i linguaggi del monaco e del medico. Ha creato luoghi virtuali in cui i farmaci curano anche attraverso storie che “toccano”. Spesso durante il summit si è evocata l’importanza della cross-fertilization nelle professioni della salute, l’esigenza di attingere a esperienze nel digitale di altri settori e altre industrie. Non si tratta semplicemetne di acquisire nuovi tool o mode, ma di imparare a ibridare i linguaggi della narrazione e dell’informazione. Ci provano il 23 maggio a Milano nella riunione annuale dell’Associazione Liberati-Network Cochrane: “Gli Amori difficili. Ricerca e comunicazione possono andare d’accordo?”.
In passato la tecnologia ha reso possibile la “scienza e coscienza” del medico. Ora, sempre la tecnologia, richiama il medico, e tutti, a riscoprire il paziente come persona.