Dall’11 al 13 giugno si è svolta a Roma la Consensus Conference sulla medicina narrativa, promossa dal Centro Nazionale Malattie Rare dell’Istituto Superiore di Sanità. Una giuria di esperti, medici, associazione dei pazienti si è confrontata sulla definizione di linee di indirizzo per l’applicazione della medicina narrativa nella pratica clinica. I partecipanti hanno cercato di circoscrivere, capire, organizzare un ambito sfuggente, difficile, stratificato, con l’aiuto di un’analisi dettagliata e attenta di 1.600 studi e sperimentazioni, offerta da un pool di studiosi ed esperti. La ricerca della “prova” ha rischiato di paralizzare il gruppo. Quali studi, evidenze, trial mostrano che la medicina narrativa è efficace, funziona? Interrogativi che potevano paralizzare e spaventare. Ma la giuria non si è fatta intimidire e ha sancito in modo chiaro e senza equivoci possibili la fine della contrapposizione o della coabitazione indifferente tra evidence based medicine e narrative based medicine.
Sintetizza in modo efficace il lavoro della giuria il presidente Sandro Spinsanti, fondatore dell’Istituto Giano di Roma e protagonista delle medical humanities in Italia.
“La medicina esiste per come la raccontiamo”. Spinsanti racconta che la giuria è partita da quello che la medicina narrativa non è:
1. non è una nuova disciplina medica, “non è ‘nell’epoca del farmaco, 22 gocce di poesia’, oppure ‘come la letteratura mi ha salvato la vita’”.
2. non è l’aneddotica del paziente o il medico gentile che chiede anche qualcosa di me, oltre che gli esami diagnostici.
Ecco cos’è, nella definizione offerta dalle Linee di indirizzo:
“Con il termine di Medicina Narrativa (mutuato dall’inglese Narrative Medicine) si intende una metodologia d’intervento clinico-assistenziale basata su una specifica competenza comunicativa. La narrazione è lo strumento fondamentale per acquisire, comprendere, e integrare i diversi punti di vista di quanti intervengono nella malattia e nel processo di cura. Il fine è la co-costruzione di un percorso di cura personalizzato e condiviso (storia di cura)”. E ad integrazione della definizione principale: “La medicina narrativa (NBM) si integra con l’Evidence Based Medicine (EBM) e, tenendo conto della pluralità delle prospettive, rende le decisioni clinico assistenziali più complete, personalizzate, efficaci e appropriate”. “La narrazione del paziente e di chi se ne prende cura è un elemento imprescindibile della medicina contemporanea, fondata sulla partecipazione attiva dei soggetti coinvolti nelle scelte. Le persone, attraverso le loro storie, diventano protagoniste del processo di cura”.
La medicina narrativa è l’integrazione delle narrazioni del paziente nella pratica clinica. E’ l’elemento che consente quella personalizzazione della diagnosi e della cura che migliorano l’efficacia e l’aderenza terapeutiche. La medicina narrativa è una “tailored medicine” come ricorda Spinsanti.
Le linee di indirizzo vanno di fatto oltre la triade disease, illness e sickness, collegata a una medicina narrativa rimasta marginale e confinata soprattutto nell’ambito infermieristico e assistenziale. Raramente infatti i 1.600 casi studiati coinvolgono i medici. La Consensus Conference non offre una nuova definizione, ma un nuovo paradigma, che riconosce la centralità in medicina della commistione tra scienze nomotetiche e scienze idiografiche. La malattia è una classificazione, il malato è un soggetto che rientra in una classificazione, la persona malata è un intreccio unico e irripetibile di universali. Le linee di indirizzo riconoscono la medicina narrativa come mediatore dell’unicità individuale, storica e sociale, nell’universale della categoria medica.
Ma cosa ha reso possibile oltrepassare il territorio che la stessa NBD si era costruita, autoconfinandosi nella illness /sickness? Prima i medici erano tutti ciechi? Incapaci di capire i bisogni dei pazienti? Non possiamo dimenticare che la relazione medico-paziente e i fondamenti dell’efficacia della cura sono storicamente, socialmente, politicamente e culturalmente determinati. La percezione di distanza e di possesso di un sapere esclusivo e inattingibile, erano, in passato, parte integrante dello status del medico e della sua competenza ed efficacia nell’immaginario collettivo e dei pazienti. Progressivamente tutto questo è cambiato.
La Consensus Conference ha basato le sue Linee di indirizzo sull’analisi di 1.600 casi, ricerche, sperimentazioni di medicina narrativa. Il progetto è partito però in un modo insolito per l’Istituto Superiore di Sanità. Il lavoro che ha portato alle linee di indirizzo è infatti iniziato con la campagna “Viverla tutta” del 2011 lanciata su Repubblica.it con il coinvolgimento di un team integrato pubblico-privato: il Centro Nazionale Malattie Rare, il laboratorio narrativo della ASL 10 di Firenze, Pfizer Italia, la European Society for Health and Medical Sociology. Con la raccolta di storie di malattia online, “Viverla tutta” ha costruito lo sguardo che ha reso possibile il risultato della Consensus Conference. Ha fatto percepire il nuovo paradigma.
Le storie e le comunità online di pazienti, un crowdnowledge e un un crowdcaring diffuso e accessibile, hanno cambiato totalmente il rapporto medico-paziente, la definizione di salute e malattia, la definizione di efficacia. I pazienti creano online trame narrative condivise che ibridano desease, illness e sickness. Protetti da un nickname si raccontano come individuo e classe al tempo stesso, fanno convivere in un’unica narrazione la definizione medica della patologia (la sclerosi multipla) e la sua personalizzazione (la “mia sclery”). Costruiscono insieme effetti placebo e nocebo dei farmaci. Questa non è la medicina narrativa, la medicina narrativa sancita dalla Consensus Conference è la pratica medica che ingloba queste narrazioni, che le assume come riferimento per un nuovo paradigma, è una narrazione della diagnosi e della cura che è co-costruita in trame fatte di segni, sintomi e simboli condivisi. Una crowdmedicine che non vive solo online ma anche nello studio del medico e nell’ospedale, una narrazione non più accessoria e riservata a infermieri illuminati, ma parte integrante della pratica medica.
Ad illustrazione immediata del potenziale del nuovo paradigma, subito dopo il verdetto della giuria, il progetto europeo STORE segna il prossimo e immediato obiettivo: la cartella clinica integrata con la storia del paziente.
Quasi in contemporanea, una start up americana annuncia il primo “wearable health record” per google glass. Una app che trasforma i google glass in una device per memorizzare le osservazioni cliniche. Ricordiamoci però che l’occhio, senza relazione, può uccidere e speriamo che la realtà aumentata sia, presto, anche narrativa.