Ricordo con chiarezza un incontro di qualche anno fa. Conosco Giancarlo De Leo dell’Osservatorio Sanità Digitale, che a sua volta mi introduce a Gaetana Cognetti della Biblioteca dell’IFO. Arrivo in biblioteca una mattina di luglio e trovo ad accogliermi una Gaetana Cognetti che mi racconta un mondo affascinante e a me colpevolmente sconosciuto. Scopro l’esistenza di Bibliosan, la rete delle biblioteche degli enti biomedici italiani e mi rendo conto della centralità della biblioteca di un IRCSS, come punto di riferimento per i medici e per i pazienti. Mediatore di conoscenze ma anche luogo di esplorazione e di ibridazione di saperi. È qui, quella mattina, che Gaetana mi presenta Maria Cecilia Cercato, epidemiologa ed oncologa e referente in IFO per la medicina narrativa. Da subito la dottoressa Cercato esplicita che non è molto digitale e non ha profili “social”. È l’inizio di un bellissimo sodalizio professionale e culturale che ci ha portato a pubblicare i primi di studi di medicina narrativa digitale in oncologia e a pochi giorni dall’inizio del lockdown a trasformare l’IFO in ospedale anche digitale, aperto a distanza a tutti.
Per tutto questo sono molto contenta di vedere pubblicato Sanità 4.0 e medicina delle 4P, a cura di Gaetana Cognetti, in cui con Maria Cecilia Cercato raccontiamo anche l’inizio della medicina narrativa digitale all’IFO.
È un e-book che mi appare come la preziosa biblioteca del palazzo della salute digitale in cui tutti vorremmo trovarci non domani, ma oggi.
L’accesso immediato e apparentemente illimitato agli archivi digitali rischia di far sparire la centralità del bibliotecario, come Amazon rischia di far sparire il libraio. Come ricorda invece Gaetana Cognetti nell’introduzione: “le competenze dei bibliotecari non si fermano solo al ruolo di recupero delle informazioni valide, aggiornate e basate su prove scientifiche. I bibliotecari per poter gestire milioni di informazioni (libri, articoli, letteratura grigia ecc.) hanno sviluppato per secoli metadata, standard, sistemi terminologici e ontologie che sono alle oggi alla base della possibilità di navigare tra le conoscenze e porre le fondamenta all’ attuale evoluzione “dirompente” nel settore sanitario”.
E forse proprio perché è una bibliotecaria a curare il libro, non ci ritroviamo il lessico tecnocratico e modaiolo della “digital health”, a cui siamo continuamente esposti. Siamo riportati invece all’obiettivo fondamentale di una “medicina partecipata, personalizzata, preventiva e predittiva”, con l’avvertenza che non possiamo tralasciare nessuna delle p, altrimenti finiamo nella medicina del “paradosso”, come segnala,uno degli autori del libro, Giuliano Pozza, Direttore dei Sistemi Informativi dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Ho conosciuto Giuliano Pozza in un bel percorso di medicina narrativa digitale nel carcinoma prostatico all’Ospedale San Raffaele e condivido il suo allarme quando raccomanda di: “evitare di trasferire l’analogico in digitale. Questa non è evoluzione digitale, ma semmai involuzione digitale, perché se si copia la carta… vincerà sempre la carta! Un esempio? Il Fascicolo Sanitario Elettronico è appunto un fascicolo, una trasposizione in digitale di un fascicolo cartaceo. I risultati sono sotto gli occhi di tutti. Così come nel libro si spiega che la telemedicina non può essere solo ‘fare le stesse cose a distanza’”.
E il rischio paradosso è elevatissimo in questo momento nella telemedicina.
Nel suo contributo, il Direttore del Centro Nazionale per la Telemedicina e le Nuove Tecnologie Assistenziali dell’Istituto Superiore di Sanità, Francesco Gabbrielli, sottolinea quello che dovrebbe diventare il principio guida degli sviluppi della telemedicina:
”Esperienze e studi hanno tuttavia chiarito che per essere adeguate a queste innovazioni, le organizzazioni sanitarie dovrebbero rinunciare alle tradizionali suddivisioni dei servizi per specializzazioni mediche, che hanno rappresentato tradizionalmente il modello di riferimento in sanità. La suddivisione del lavoro per specialità mediche discende dall’inquadramento nosologico delle malattie per organo e apparato e in sostanza presuppone che il lavoro sia focalizzato su una patologia alla volta. Invece, in Telemedicina, giova ripeterlo, la progettazione parte sempre dalle esigenze delle persone a cui è diretto il servizio. I pazienti a cui si rivolgono i servizi di Telemedicina, principalmente cronici, sono di solito affetti da più di una patologia allo stesso tempo. Ne consegue che l’organizzazione della cura e dell’assistenza può essere meglio disegnata se le attività sanitarie sono organizzate per problemi; il servizio di Telemedicina deve essere così costruito in modo da facilitare il coordinamento tra più specialisti medici, secondo il percorso diagnostico-terapeutico più appropriato, comprendendo la ricerca di un equilibrio tra terapia e vita, particolarmente significativo rispetto proprio ai pazienti cronici”.
Purtroppo la tariffazione della telemedicina decisa in emergenza e centrata sulla singola televisita viene meno a questa indicazione chiave e rischia di essere un paradosso distruttivo. Proprio nel momento in cui finalmente viene riconosciuto il valore della telemedicina, se ne nega la sua potenzialità e importanza per la medicina delle 4P e quindi per un’innovazione sostanziale della nostra sanità.
Mi piacerebbe che la Sanità 4.0, diventasse il riferimento di un percorso formativo per tutti coloro che assumono decisioni per la sanità digitale, per evitare di chiamare nuovo qualcosa che non lo è affatto.