Italiani innovatori: grande fiducia nella salute digitale e nell’intelligenza artificiale

L’ottava cerimonia dei Gilead Awards 2018  ha rappresentato un’occasione per riflettere sugli scenari attuali e futuri della salute digitale. Non solo perché uno dei premi è dedicato alla Digital Health, ma anche perché l’evento è concepito ogni anno come un momento di confronto e approfondimento su temi chiave della trasformazione digitale.

Il focus 2018 è stato l’intelligenza artificiale. Gli esperti hanno delineato luci ed ombre delle innumerevoli possibilità nella salute. Ma gli italiani cosa ne pensano? Sono attratti o spaventati? Nell’autobiografia nazionale la tecnologia non è mai stata parte integrante e la rivendicazione del “sapere umanistico” spesso contribuisce alla rappresentazione e all’autopercezione di un paese poco aperto all’innovazione. Tutto questo potrebbe legittimamente portarci a pensare che gli italiani siano più spaventati che attratti. Bene!! Sarebbe una fake news. La ricerca che ho coordinato per Eikon-Gilead ci racconta esattamente il contrario. Molte ricerche misurano l’uso delle tecnologie digitali e le aspettative, ma non esistevano dati sulla percezione dell’IA. L’abbiamo esplorata con un’indagine che ha coinvolto un campione di 1.000 italiani tra i 18 e i 65 anni, rappresentativo per età, area geografica, sesso e dimensioni del comune di appartenenza.

Nella quotidianità gli italiani vivono ancora la gestione della salute in modi molto tradizionali: il medico lo incontrano prevalentemente faccia a faccia (80%), in pochi utilizzano dispositivi indossabili (21%) o hanno ricevuto una diagnosi a distanza (22%). Eppure il 90% ritiene che le tecnologie digitali nella salute abbiano migliorato la gestione della salute negli ultimi 10 anni, e il 95% crede che lo faranno nei prossimi. Solo il 19% è certo di non voler vivere in un modo in cui sia possibile gestire la maggior parte dei propri bisogni di salute attraverso le nuove tecnologie e solo il 20% non è pronto per una diagnosi a distanza. Forse proprio perché ancora così tanto analogici, il 39% degli italiani dichiara di voler vivere in un mondo in cui le nuove tecnologie gestiscono la maggioranza dei bisogni di salute e solo il 19% lo rifiuta in modo netto.

Tutto questo ottimismo a cosa si associa? Cosa si aspettano di migliorare gli italiani con la salute digitale? In primo luogo (58%) la facilità e la velocità di accesso ai servizi. Come dargli torto? Abituati da Amazon a ricevere quasi tutto ormai quasi in giornata, seduti comodamente nel nostro divano, chi ha più voglia di attese in piedi o al telefono per prenotare una prestazione sanitaria? Perché non può essere altrettanto facile? Oltre alla facilità, emerge anche il tema sicurezza. Il 47% ritiene infatti che le tecnologie digitali renderanno più sicure attività prima soggette all’errore umano.

Non ci sono chiaramente solo vantaggi. Il 36% teme attacchi informatici e il 35% la perdita di posti di lavoro. Solo il 12% pensa che le nuove tecnologie possano mettere a rischio la privacy. Forse siamo così pericolosamente abituati a regalare i nostri dati per sconti fedeltà, per accedere a contenuti gratis online, per conversare su Facebook, che darli per un motivo di salute non può che sembrarci un’evoluzione positiva. Purtroppo questo orientamento rischia di depotenziare fortemente l’importanza della protezione dei dati personali nella trasformazione digitale.

Anche in relazione alle possibilità offerte dall’intelligenza artificiale prevale l’ottimismo ed emergono grandi aspettative. All’idea di essere operati da un robot, i giudizi si bilanciano: positivi per il 43%, negativi per il 40%. Solo il 4% lo vive come il segno di un mondo che peggiora e il 33% al contrario lo accoglie come un segno di miglioramento.

Il 58% del campione ritiene di sapere cosa sia in concreto un sistema di intelligenza artificiale, anche se poi, nelle parole associate spontaneamente all’IA prevalgono robot, computer e futuro, mentre algoritmo ha pochissime frequenze.

L’ottimismo non diminuisce neanche quando si passa dalla valutazione degli scenari futuri alla valutazione di cosa sia meglio per se stessi. Non solo in generale, ma anche per la “mia” salute, l’IA è una nuova risorsa che gli italiani sono pronti ad accogliere: il 65% giudica infatti positivamente la possibilità di ricevere segnalazioni generate da un sistema di intelligenza artificiale che possano assistere nella gestione della propria salute. Solo il 17% è convinto di non volerlo.

Cosa si teme? La perdita di contatto umano (51%) e dell’esperienza e dell’intelligenza del medico (36%).

In sintesi, gli italiani sembrano credere nella possibilità di un nuovo umanesimo digitale. Non rifiutano l’innovazione in nome dell’umanesimo, ma si aspettano un’intelligenza artificiale a misura d’uomo.

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