Perché i medici dovrebbero consigliare le app

Il 29 aprile Amazon annuncia la sua nuova creatura: il market place delle wearable device. In pratica una sezione di Amazon interamente dedicata alla vendita delle device portabili.

Come ci ha liberato da editori, consiglio del libraio, limiti degli scaffali, ora Amazon cerca di liberarci anche dai centri diagnostici, dal medico, dallo psicologo, dalle farmacie affollate e dai poliambulatori. Nel sito infatti, oltre ai consueti smart watch per il quantified self, ecco apparire un’area tutta dedicata alle healthcare devices.

Per 129 dollari, il costo più o meno di una sola seduta dallo psicoterapeuta, puoi avere Heart Math Inner Balance-Lightning Sensor for Iphone5 and Ipad Air, uno strumento per stablizzare l’umore ed eliminare lo stress, con esercizi cardiaci. Non che sia nuovo, è l’ultima creatura dello Hearthmath Institute, ma ora Amazon lo rende a portata di click. Con meno di 30 dollari in più puoi acquistare le guide che lo accompagnano.  Ancora il reparto è un po’ scarso, di fatto solo hearthmath e strumenti di misurazione della pressione del sangue e dei battiti. Ma crescerà. Già negli Stati Uniti esistono siti che consentono l’esame del sangue fai da te e ovviamente ogni giorno nascono nuove app che promettono di misurare o prendere in carico la nostra salute. Quali sono gli impatti di tutto questo? Ci limitiamo a segnalarne alcuni.

1. La definizione di normale-patologico. La misura implica una scala di misurazione e una decisione su cosa è in linea e cosa è deviante. Ma questa scala chi la stabilisce? E come viene usata? Lo smartphone mi dice che ho la pressione alta? Rispetto a quale standard? A quello considerato “normale”  in medicina? Ma siamo sicuri che sia adatto a me, in un determinato contesto e momento? Non rischio di trasformare, vivere e usare come “patologia”, transitorie normali alterazioni? Non si rischia l’invenzione della devianza dalla norma o un rafforzamento dell’ipocondria collettiva, con relativo aggravio per il sistema sanitario nazionale?

2. Il contagio del gruppo. Il gruppo, che sia reale o virtuale può curare ma può anche contagiare. Quanti  condividono con il piccolo gruppo amicale e familiare il proprio quantified self? La propria pressione, i propri battiti, le calorie, i passi quotidiani? E quanto il gruppo orienta, costringe, supporta l’individuo verso uno schema corporeo “auspicabile”, normale per il gruppo? Molti studi sull’obesità mostrano quanto sia centrale il “contagio” visivo e sociale. E se avvenisse attraverso una app che si tratti di obesità o anoressia?

2. la naturalizzazione delle emozioni. Le emozioni sfuggono, il corpo è misurabile. Misuriamo o esercitiamo il respiro o il cuore per controllare e misurare la paura e la felicità. Un po’ come le aziende pigre e senza più immaginazione studiano il rebranding e le strategie di marketing con le risonanze magnetiche. Così gli individui rischiano di ridurre sempre di più quello “spazio tra sé e sé” che è conoscenza e progetto di vita, in monitoraggio.

3. Lo strumento crea il sintomo. La letteratura è ampia e non mi soffermo. Spesso un disagio esiste  per noi solo dal momento in cui disponiamo di  uno strumento per misurarlo.  Tanto più efficace se lo strumento è “indossabile” e quindi, in quanto parte di me, gode di un’affidabilità acritica.

Ancora una volta la tecnologia e il marketing accelerano un processo di innovazione che i professionisti della salute stentano a capire ed usare. Prima ancora dei potenziali pazienti, i medici dovrebbero appassionarsi e veicolare app e wearable device. Lo studio Socialogue di Ipsos del novembe 2013 ha rilevato in 27 paesi l’incidenza delle app consigliate da un medico sul totale delle app di salute utilizzate. Solo il 26% di coloro che abitualmente usano app mediche o per la salute/fitness dichiara che le app sono state raccomandate da un medico. L’Italia si colloca agli ultimi posti con un 8%.

Sarebbero dati da approfondire, in ogni caso l’impatto positivo di app e wearable device aumenterebbe se fossero meno uno strumento di ipocondria collettiva e più un modo per migliorare la qualità e l’efficacia della relazione medico-paziente. Se non mi misuro la pressione o le calorie con l’iphone perché cerco risposte al mio malumore o perché cerco di adeguarmi al peso dell’amica, ma perché un medico me l’ha consigiato, allora lo scenario cambia completamente. Il rapporto medico paziente recupera la vicinanza, il patto, la personalizzazione, che precedenti paradigmi e il sistema sanitario di massa sembravano aver cancellato. Così come l’opposizione normalità-devianza ritrova il suo linguaggio e la sua finalità di prevenzione o di cura senza trasbordare nel quotidiano e nell’identità. La app non mi misura, la app è lo strumento con cui il mio medico mi è vicino e personalizza la mia diagnosi e la mia cura.