Che succede se nella tua famiglia sono tutti medici, tu inizi a studiare medicina ma ti piace anche l’informatica e sei attratto dal marketing?
Hai buone possibilità di diventare un protagonista dell’innovazione nella salute, come Roberto Ascione, fondatore di Healthware International, leader mondiale nella comunicazione digitale della salute.
La biografia di innovatore di Ascione può essere un modello per molti aspiranti startupper perché mostra l’importanza dell’ibridare punti di vista, competenze, bisogni, luoghi e persone. Già nel 1993, Ascione comincia a intuire che gli sviluppi dell’informatica possono avere un impatto rivoluzionario sulla medicina e la salute. Google è del 1998, la digital health non è ancora quasi neanche un’idea e si parla soprattutto di hardware e software. Ascione immagina che ci possa essere spazio anche per un healthware. Mette a punto un prototipo di cartella sanitaria elettronica, capace di aggregare big data in aree chiave della ricerca medica. Avvia diversi progetti pilota, ma si rende presto conto che l’ecosistema della salute italiano non è pronto. Punta allora a un contesto più ampio e fa la spola tra New York e Salerno. Cervello in fuga? No, più un ‘glocal brain’, presente fisicamente e virtualmente dove c’è aria di innovazione, preferibilmente se bottom up.
Peer to peer e co-creation non sono solo le parole preferite della sua wordcloud personale, sono gli strumenti che ispirano il suo modello di innovazione e il nuovo progetto lanciato questa volta in Italia: Digital Magics HealthTech, un programma di accelerazione specializzato nelle startup digitali della salute.
Digital Magics HealthTech nasce dall’esperienza di Healthware International e di Digital Magics, business incubator quotato sul mercato AIM Italia di Borsa Italiana. L’ambizione è trasformare la creatività disordinata di innovatori dispersi e isolati in una forza capace di rivoluzionare dal basso l’ecosistema della salute. Una piattaforma di Open Innovation al servizio della co-produzione della salute, così poco praticata in Italia e così fondamentale per una sanità più sostenibile, non solo dal punto di vista dei costi, ma anche della qualità vissuta della cura.
Ma come verranno selezionate le startup da sostenere? Quali sono i requisiti ? Il primo e il più importante è la passione per il mondo della salute. La startup pensata come autoimpiego non decolla, non ha futuro, dice Ascione. Le startup che funzionano meglio sono quelle che nascono invece dalla spinta a rispondere a un bisogno, a un’urgenza nella malattia e nella cura.
Mi piace pensare che nel modello di Digital Magics HealthTech e nella visione peer to peer che la fonda, l’innovatore nella salute digitale non debba corrispondere necessariamente allo stereotipo del nativo digitale. Può essere un medico, un volontario, un infermiere, un farmacista, un paziente, uno studente in medicina, un esperto di marketing di largo consumo per gli anziani, che magari ha un’idea migliore del geriatra su come gestire gli over 80.
In un post del 2015 Luca De Biase segnalava la mancanza nella digital health italiana di un polo di attrazione, ci auguriamo che Digital Magics HealthTech possa contribuire a crearlo.