In “Eppur si innova. Viaggio alla ricerca del modello italiano”, Luca De Biase ci ricorda i perché che dovrebbero fondare i processi di innovazione.
“L’innovazione non si valuta tanto per la ricchezza che genera o per la tecnologia che migliora, ma per i risultati sociali, culturali, ecologici che produce, nel tempo lungo al quale è dedicato il valore della sostenibilità”.
L’innovazione che nasce da una visione strategica è centrata su un umanesimo digitale, che non cerca necessariamente la tecnologia più avanzata o mai usata, ma migliora effettivamente la qualità di vita di chi vive una malattia.
Questo human touch caratterizza le proposte di salute digitale del gruppo Zambon e in particolare della start up Careapt, guidata da Orientina Di Giovanni, che racconta in modo molto efficace il modello alla base di DemedyaCare, la nuova soluzione di telemedicina per i caregiver di persone con demenza:
“DemedyaCare ha l’ambizione di portare a domicilio una competenza sanitaria di provata efficacia nella cura delle demenze: la terapia occupazionale, per trasformare in una risorsa terapeutica proprio le attività di assistenza alle persone malate, adattandole ai bisogni e alle capacità del paziente e del caregiver. Grazie ad una piattaforma digitale di patient relationship management che integra un protocollo di valutazione strutturato e corredato da scale cliniche e questionari validati a supporto dell’appropriatezza clinica in telemedicina, è finalmente possibile raggiungere in sicurezza queste famiglie a domicilio e con la continuità necessaria a rendere gli interventi efficaci e di reale impatto sulla qualità di vita delle persone con demenza e delle loro famiglie […] I risultati della fase di test condotta nell’ultimo anno sono chiari: il 100% dei caregiver ha dichiarato efficaci gli interventi effettuati non solo in termini di semplificazione del lavoro di cura e di stimolazione dei loro cari malati, ma anche di condivisione del carico emotivo”.
A differenza di altre patologie, l’assistenza al domicilio nelle demenze deve tenere conto delle ambivalenze di cui si carica la casa, sia per il paziente che per i familiari che l’assistono.
Scrive un caregiver in un gruppo Facebook sulla malattia di Alzheimer:
« Ornella ha paura di tutto, vede persone che abitano in casa sua, ma che non esistono, trasforma con la mente il medico in un essere malvagio che la vuole uccidere, avvelenare, distruggere » (Gruppo Facebook).
La casa rischia di non essere più lo spazio familiare, conosciuto, specchio della nostra identità, luogo delle nostre relazioni. Un luogo che protegge e accoglie. Può diventare facilmente un luogo alieno, perché non se ne ha più memoria. Luci, spazi, mobili, persone rischiano di diventare altro continuamente. Spesso nelle storie emerge il continuo spostare e cercare. La casa diventa progressivamente uno spazio senza identità e senza mappa.
Le tecnologie digitali possono offrire un supporto importante nella gestione del domicilio. Meglio di altre risorse, riescono a conciliare il controllo con la valorizzazione dell’autonomia. Non bastano però senza un modello specifico di assistenza.
Per questo, la progettazione di DemedyaCare non è partita dalle tecnologie, ma dalle difficoltà specifiche dell’assistenza domiciliare a persone con demenza. Questo ha spostato il focus dai dispositivi di telemonitoraggio per il paziente, a soluzioni per il supporto al caregiver. L’adozione di un approccio bio-psico-sociale, ha consentito di individuare il percorso e le competenze più adatte.
DemedyaCare si avvale infatti di un’équipe multidisciplinare composta da terapisti occupazionali, infermieri e psicologi coordinati da un geriatra esperto delle diverse forme di demenza. Con il primo accesso al servizio, a ogni famiglia viene assegnato un care manager occupazionale dedicato, raggiungibile via telefono e video chiamata ogni giorno feriale dalle 9:00 alle 18:00. Il care manager accompagna la diade paziente e caregiver in un percorso di valutazione multidimensionale in cui vengono valutati salute somatica e deficit cognitivo della persona con demenza, ma anche le abilità conservate, mentre al caregiver sono dedicate sessioni specifiche di valutazione delle competenze e del livello di burnout. Al termine del percorso di valutazione vengono identificate le priorità assistenziali che alimentano un piano di teleriabilitazione occupazionale personalizzato e un piano di teleassistenza infermieristica finalizzato a mettere in sicurezza il rischio di fragilità.
Per rendere accessibile il servizio, DemedyaCare ha stipulato convenzioni con diverse società di Welfare Aziendale che consentono tariffe agevolate.
Careapt ha infatti un modello di business che mira a sviluppare progetti comuni con le aziende, perché siano sempre più consapevoli dell’importanza di soluzioni nuove per ridurre l’impatto delle demenze, evitando di esporre i caregiver a una scelta dolorosa tra progetto personale e professionale e assistenza ai familiari. L’utilizzo innovativo di strumenti del welfare aziendale può abilitare nuovi percorsi di sostegno ai caregiver a vantaggio di pazienti, familiari e aziende.