Gli strumenti digitali per l’applicazione della medicina narrativa nella pratica clinica possono essere molteplici: email, software per la ricerca come surveymonkey, anche skype. Tutti però nascono con altre funzioni e rischiano di rendere più difficile o distorto il percorso. I social media o le community online sono fondamentali per il prendersi cura, ma rischiano di essere canali inadeguati per costruire un percorso personalizzato di cura, che valorizzi la narrazione, preservando la privacy e il contesto clinico dell’interazione. Leggere o analizzare le storie pubblicate su facebook può facilitare la formazione al pensiero narrativo e all’empatia del medico. Difficile e rischioso però pensare che facebook possa essere uno strumento clinico per la personalizzazione del percorso individuale. Anche whatsapp, più che uno strumento adatto alla raccolta della storia, rappresenta uno strumento in più di comunicazione con il medico per temi rapidi e immediati.
Per rispondere a questo vuoto di strumenti, ho creato la start up sociale e innovativa DNM-Digital Narrative Medicine. DNM è la prima piattaforma digitale progettata esclusivamente per lo sviluppo di progetti di medicina narrativa nella pratica e nella ricerca clinica. E’ stata ideata da un team di antropologi e psicologici con la consulenza di medici e degli esperti di medicina narrativa di OMNI, l’Osservatorio di Medicina Narrativa Italia.
Le funzionalità di DNM mirano a valorizzare al massimo le potenzialità del digitale, preservando la privacy del paziente e gli obiettivi clinici dell’interazione. La piattaforma consente di adattare il percorso narrativo alle esigenze specifiche dei curanti e dei pazienti. DNM è accessibile online ma solo su invito. Può coinvolgere pazienti e caregiver che vengono invitati a raccontare la storia dal curante. Il paziente può raccontare liberamente, se questa è l’esigenza. La piattaforma offre però il suo valore aggiunto, rispetto ad altri strumenti digitali, se si usano le funzionalità avanzate, che consentono di impostare liste di stimoli narrativi pensati per specifici obiettivi terapeutici. L’assunto è infatti che la storia dovrebbe avere lo stesso valore di un’ecografia o una TAC. Non si richiede un’ecografia senza un obiettivo di conoscenza e di intervento. Lo stesso vale per la storia. La medicina narrativa non implica che il medico diventi un amico con cui il paziente si confida o a cui racconta tutto quello che gli viene in mente. La raccolta della storia ha un obiettivo clinico e non ‘social’. Gli stimoli servono quindi a guidare il racconto del paziente verso questo obiettivo. Se lo scopo è capire e migliorare l’aderenza terapeutica, gli stimoli guideranno il paziente nel focalizzare il vissuto e l’uso dei farmaci, nel contesto specifico della sua vita quotidiana. Se si tratta di una prima diagnosi, gli stimoli faciliteranno l’emergere dell’impatto della malattia o la descrizione della specificità dei sintomi. In sintesi il flusso prevede che il curante inviti il paziente a scrivere la sua storia, scegliendo alcuni stimoli narrativi. Le liste di stimoli narrativi possono essere condivise con altri Centri e curanti, contribuendo così alla definizione di strumenti comuni per l’applicazione della medicina narrativa digitale nelle diverse aree terapeutiche. Il paziente accede alla piattaforma da computer o da mobile e scrive la storia seguendo gli stimoli, che possono presentarsi tutti insieme, o progressivamente, secondo un calendario prestabilito. Il paziente può decidere di ignorare alcuni stimoli e integrare la narrazione con osservazioni libere, indipendenti dagli stimoli. Il paziente può scrivere, ma anche registrare la storia o includere video e immagini. Nel caso delle risposte testuali, è possibile impostare un numero di caratteri predefinito per la risposta allo stimolo, in modo da facilitate la focalizzazione del paziente su aspetti specifici del suo percorso. Se il paziente l’autorizza, il curante può condividere la storia con altri curanti direttamente attraverso la piattaforma, scambiando note e messaggi con il team. Queste note non sono viste dal paziente. Il curante può decidere se parlare della sua storia con il paziente negli incontri programmati faccia a faccia o se interagire con il paziente attraverso la piattaforma. La storia associata ai dati socio-anagrafici del paziente è visibile al titolare dei dati che può essere un Centro Medico, un’Associazione dei pazienti, una Società scientifica e al team dei curanti. Senza i dati anagrafici, se il paziente ha dato il suo consenso specifico, le storie possono essere condivise per progetti di ricerca narrativi su patologie e terapie o linee di indirizzo. DNM consente quindi di applicare la medicina narrativa per la personalizzazione del percorso diagnostico e terapeutico e, al tempo stesso, di contribuire alla ricerca con metodi narrativi, facilitando il coordinamento e la standardizzazione del processo di raccolta delle storie, anche su larga scala.
Nel corso del 2016, la piattaforma è stata utilizzata in progetti pilota da decine di pazienti e medici in aree molto diverse: epilessia, diabete, riabilitazione neurologica, fertilità. Nei prossimi mesi, saremo in grado di capirne meglio l’impatto e l’efficacia, i punti di forza e di debolezza, le aree terapeutiche in cui la metodologia porta maggiori benefici.
Le prime esperienze sul campo di DNM e, in particolare, il confronto con le associazioni dei pazienti, hanno portato ad un primo risultato importante: l’ampliamento del modello di medicina narrativa basato su una relazione uno a uno (medico-paziente), o uno a molti (paziente-team curante), verso un modello relazionale molti a molti (pazienti, caregiver, curanti, volontari….). La co-costruzione al centro del percorso di medicina narrativa può richiamare un soggetto collettivo più ampio della coppia medico-paziente. Per questo ora su DNM è presente la funzione DNG-Digital Narrative Group, che consente la partecipazione al progetto narrativo di pazienti, curanti, caregiver, pazienti esperti, volontari, moderata dal curante e guidata da stimoli funzionali all’obiettivo clinico. Il Digital Narrative Group proposto da DNM cerca di valorizzare al massimo le potenzialità positive delle comunità online, inserendole però in un contesto digitale protetto e finalizzato a obiettivi clinici. Un lavoro pioneristico in questo ambito è stato fatto su medicitalia da Salvo Catania con il gruppo ragazzefuoridiseno. Salvo Catania è stato tra i primi a scrivere un libro di medicina narrativa in Italia e tra i primi a intuire le potenzialità del gruppo digitale per il processo terapeutico.
DNM offre un setting più protetto, flessibile e standardizzato al tempo stesso. Il gruppo può rispondere a obiettivi diversi. Può servire a potenziare la capacità di gestione di una patologia cronica e il self management, favorendo il confronto tra pazienti che non si conoscono. Può essere finalizzato a facilitare la diagnosi nei casi incerti o nelle patologie rare, in questo caso coinvolgerà il paziente, i suoi familiari, il medico di medicina generale, i curanti della struttura sanitaria di riferimento, ma anche curanti di altri centri con esperienze simili. Può essere la continuazione digitale di un gruppo di educazione terapeutica offline. Può essere costituito da soli curanti per accompagnare un progetto di medicina narrativa individuale, favorendo l’auto-riflessione e il confronto nel team. Può servire alla formazione narrativa dei curanti. A seconda degli obiettivi, l’arco temporale del gruppo può variare moltissimo, può durare una settimana o mesi, può prevedere una conversazione asincrona o in tempo reale tra tutti i partecipanti. Resa più accessibile dal digitale, la medicina narrativa di gruppo può facilitare l’integrazione dei diversi punti di vista, attribuendo nello stesso tempo al curante quel ruolo di guida orizzontale e non gerarchica che è difficile prevedere nei gruppi spontanei delle comunità online.
Il Digital Narrative Group può anche aspirare ad essere una declinazione digitale delle funzioni del gruppo Balint evocato da Trisha Greenhalgh: “Having quite rightly placed the principles and methods of evidence-based practice on the mainstream educational agenda, it is now time to raise the status of intuition as a component of expert decision-making, and begin to integrate both group discussion methods and individual reflective writing alongside the teaching of these skills. Once we have recognised that none of us ever needed to choose between evidence-based medicine and old-fashioned clinical intuition, the stage is surely set for developing an educational method that draws productively on both traditions. Far from being a contradiction in terms, the evidence-based Balint group is surely the epistemological marriage we have all been waiting for”.
Il digitale può rendere più percorribile la valorizzazione di un processo interpretativo e decisionale basato anche sull’intuizione clinica, non come pura espressione creativa del singolo, ma come metodo individuale e di gruppo di produrre conoscenza e decisioni.
Già nel 2014, il mio vicino di blog Giuliano Castigliego, con cui sono sempre in grande sintonia, si chiedeva se non fosse possibile organizzare gruppi Balint via twitter. Chiaramente via twitter non è possibile costruire un setting narrativo delimitato. Forse con il Digital Narrative Group potremmo riuscire a farlo, promuovendo un modello di open cure inserita in un setting medico che la valorizza e la argina, rispetto alle direzioni rischiose di una crowd medicine su internet.
I prossimi mesi e anni saranno l’occasione per sperimentare, ampliare, ripensare le opportunità offerte dal digitale alle medical humanities, per favorire la produzione di conoscenze e di decisioni clinico-assistenziali, al tempo stesso collettive e personalizzate.