La digital health che cambia il marketing: come si diventa Best Digital Company

Gli  AboutPharma Digital Awards mostrano che anche in Italia e non solo nei soliti Stati Uniti, si moltiplicano i servizi digitali per medici e pazienti e non come attività accessorie e parallele, ma come parte integrante dell’offerta farmacologica.

MSD Italia, riconosciuta come Best Digital Company sia nel 2013 che nel 2014, rappresenta uno dei case study più interessanti di trasformazione digitale del marketing tradizionale di un’azienda farmaceutica.
Il digitale è tanto più efficace quanto più diventa una componente centrale dell’identità dell’azienda e del prodotto e non semplicemente un nuovo strumento di comunicazione.
Il primo test per verificare la centralità in un’azienda di una cultura dell’innovazione digitale è il budget.

Come spiega Goffredo Freddi, Executive Director Policy and Communication:“dal 2013, abbiamo deciso di allocare il 30% dei nostri investimenti in progetti multicanali”. Non quindi un’attività accessoria e marginale, affidata ai residui di budget, ma un’area a cui si decide di dedicare risorse importanti.

Altra componente fondamentale: la vision integrata. Ilaria Catalano, Executive Director Business Operations & Strategy racconta la vision di MSD attraverso una mappa interattiva, sul modello della metropolitana di Londra, che offre a portata di un click tutti i servizi digitali dell’azienda. La mappa non è solo uno strumento operativo e intuitivo per navigare in un’offerta di più di cento strumenti digitali, è anche la metafora visuale del nuovo orizzonte che l’azienda ha scelto per spostarsi.

Il marketing digitale di MSD ITALIA investe infatti anche la formazione e il ruolo della field force, mette insieme in modo nuovo ed efficace pubblici interni ed esterni, medici e risorse umane. Orientati dalla digital health, i linguaggi, le risorse, gli strumenti del marketing scoprono sinergie nuove.

Vediamo in dettaglio questa mappa digitale.
Crocevia fondamentale della mappa è il nuovo informatore medico-scientifico, dotato di ipad e di aumented reality, che  offre al medico non solo il farmaco, ma informazioni scientifiche aggiornate, tecnologie di diagnosi e supporto al paziente. Così l’informatore diventa anche mediatore delle potenzialità del digitale, un ruolo fondamentale in un contesto in cui sono ancora una piccola minoranza i medici che colgono l’importanza di prescrivere una app.
Un’altra area di grande rilevanza è l’accessibilità delle informazioni medico-scientifiche, in un contesto in cui la finta facilità di google e wikipedia rischia di far perdere rigore anche ai medici.  La risposta di MSD è Univadis,  il portale di aggiornamento scientifico per i professionisti sanitari che solo in Italia conta 140mila iscritti e una comunità dinamica su twitter e linkedin. Univadis è stato il progetto più votatao dal web e ha ottenuto il premio di miglior sito web dai Digital Awards.

Dall’informazione alla formazione e al gaming con il sito Tuttodunfiato premiato come miglior progetto di gaming per i professionisti sanitari.
Non mancano le app, più di 25, dedicate a medici e pazienti: dagli strumenti per la pratica clinica accessibili direttamente da smartphone a quelli per favorire l’aderenza terapeutica del paziente come Ricordami.

E le humanities? Il marketing digitale è solo tecnologie, app e augmented reality? Ancora una volta, il grande laboratorio di MSD mostra che le sinergie non riguardano solo i pubblici e i dipartimenti aziendali ma anche i diversi sguardi sulla malattia che il digitale consente di accostare ed elaborare.

Accanto alla digital health intesa come multicanalità, troviamo la social healh declinata come crocevia narrativo. In questo ambito il progetto ONCOMOVIE è il mio preferito.  ONCOMOVIE è parte integrante di ONCOCLOUD un progetto web per il medico e il paziente articolato in due siti principali ONCOVIP per i medici e NONAUSEA.IT  per i pazienti.
ONCOMOVIE ha prima analizzato 60 anni di film sul tumore per raccontare la malattia attraverso la forza del linguaggio cinematografico, ha poi lanciato una call to action a raccontare la propria storia dal sito nonausea.it. Una delle storie è diventata un cortometraggio, Insieme.

Il passaggio chiave del cortometraggio per me è quando la sorella della protagonista dice al medico:”Laura sta molto male. Anche se non lo dice il vomito e la nausea la condizionano molto. Deve per forza soffrire così?” Il medico risponde: “Ma perché non me ne ha parlato prima?” E Laura: “Perché la mia priorità è vincere questa guerra contro il cancro e sinceramente pensavo che fosse normale stare così male durante le terapie”.

Pazienti e medici spessono restano intrappolati ognuno nel proprio immaginario e nel proprio linguaggio della malattia. Troppo spesso il malato oncologico rischia di seguire metafore sacrificali, in cui la sofferenza sembra essere, come per Laura, l’accesso alla guarigione. Non parla, soffre perché lo ritiene implicitamente giusto. E il medico ignora il suo universo di simboli e non volendo, rischia di abbandonarlo. Elena Semino e il suo team all’Università di Lancaster hanno  studiato proprio le metafore del tumore che emergono nei forum online e nella comunicazione mediatica,  mostrandone l’impatto sul percorso di cura e sull’efficacia della terapia.

In sintesi, cosa ci insegna l’esperienza della Best Digital Company farmaceutica? Possiamo trarre delle regole più generali dall’esperienza di MSD ITALIA? Proviamo ad identificarne alcune:

1) Il passaggio al digitale richiede un commitment ai livelli più alti del management aziendale, in modo da garantire risorse umane e di budget significative.

2) Il coinvolgimento della leadership e il budget non sono sufficienti. Occorre promuovere una cultura diversa del fare azienda, che affianchi al farmaco il servizio, così come è accaduto progressivamente in molti altri settori. L’azienda diventa provider a 360° di terapie, informazione, formazione, strumenti per il medico e il paziente. Si tratta di integrare la cultura del digitale, della condivisione, della relazione, del crowd knowdledge, dell’accessibilità, dell’innovazione direttamente nella cultura del marketing, del prodotto e della field force.

3) Occorre accettare modelli di misurazione della performance, in cui le “vendite” sono solo uno degli elementi e l’impatto del servizio, dagli accessi ai siti al download delle app conta altrettanto.

4) Infine, bisogna sempre ricordarsi della specificità della rivoluzione digitale che non è solo  digital health ma anche social health. La centralità del paziente va sempre più tradotta nella creazione di spazi di narrazione e ascolto. Il racconto digitale della malattia, il prendere la parola online dovrà sempre di più avere un impatto sulla relazione medico-paziente e portare alla definizione di un nuovo modello di alleanza terapeutica fondato sulla condivisione non solo del percorso farmacologico ma anche delle metafore e dei linguaggi. La parola non cura, ma può dare un senso alla cura, rafforzandone l’efficacia e migliorandone l’impatto.

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